venerdì 8 luglio 2016

A Lou Andreas-Salomé

Rainer Maria Rilke


A Lou Andreas-Salomé
I

Tutto tenevo aperto di me, dimenticavo
che fuori non ci sono solo cose ed animali
sempre in sé chiusi, il cui occhio sporge
dal cerchio della loro vita appena
come fa un quadro dalla sua cornice;
che da ogni parte lasciavo in me irrompere
sguardi, curiosità, pensieri senza posa.
Forse si formano occhi nello spazio
e vedono. Ah, solo in te gettandosi
non è esposto il mio viso a sguardi estranei,
in te concresce e oscuro all’infinito
nel tuo cuore protetto si prolunga.

II

Come si preme un fazzoletto sulla bocca affannosa,
anzi: su una ferita da cui tutta
la vita in un sol getto vuole erompere,
io ti stringevo a me e del mio sangue
tutta ti coloravi. Chi dirà ciò che ci accadde?
Tutto ricuperammo per cui sempre
il tempo era mancato. Io stranamente maturai
ogni slancio di mai vissuta gioventù,
e tu vivesti, Amata, sul mio cuore
non so quale impetuosa fanciullezza.

III

Allora non basta ricordare. Il puro esistere
di quegli istanti duri sul mio fondo,
deposito di una soluzione
immensamente satura. Perché
io non ti ripenso, ciò che sono
per amor tuo mi commuove. Io non t’invento
in luoghi tristi che perdettero calore
quando tu te ne andasti. Ed anche il tuo non esserci
caldo è di te ed è più vero, è più
del tuo mancarmi. La nostalgia sfuma
troppo spesso nel vago. Perché slanciarmi fuori
mentre il tuo influsso forse è su me lieve
come raggio di luna al davanzale.

Rainer Maria Rilke


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