sabato 10 ottobre 2015

Cvetaeva & Rilke




Carteggio Cvetaeva & Rilke


Lei deve vedersi dai / con miei occhi: la Sua grandezza attrraverso la loro grandezza quando io La guardo: la Sua grandezza attraverso tutta la lontananza.....

Perchè non venni da Lei? Perchè Lei è quanto di più caro possiedo al mondo. Tutto qua....

Leggevo la Tua lettera in riva all'oceano, l'oceano leggeva con me, leggevamo insieme. Non Ti disturba un simile compagno di lettura? Altri non ce ne saranno - sono troppo gelosa (nei tuoi confronti - sollecita).

Merina Cvetaeva *** lettera a R.M.Rilke 9 maggio 1926

Ti ho ricevuta nell'animo mio, in tutta la mia consapevolezza che freme di te, della tua venuta, come il Tuo grande compagno di lettura, l'oceano insieme con Te, marea del cuore, mi avesse travolto, sommergendomi.

Che dirTi? Mi hai teso le tue mani, prima l'una, poi l'altra, e poi le hai giunte, Marina hai affondato le Tue mani nel mio cuore come nella conca di una fontana fluente: ora è a te che corre, fin tanto che ve le terrai, il flusso deviato...

Non respingerlo. Che dire: tutte le mie parole [...], le mie parole, tutte, anelano a venire subito da Te, nessuna nessuna vuol cedere il passo all'altra.

Rainer Maria Rilke *** lettera a M. Cvetaeva 10 maggio 1926

Una topografia dell'anima, questo Tu sei.
Tu, Tu sei l'amico che rende profonda e sublima la gioia (che sia una gioia?) dei grandi momenti fra due persone (eternamente due!), un amico senza il quale non si sente più l'altro e che, come in fondo si dovrebbe fare, è l'unico che si ama.

Merina Cvetaeva *** lettera a R.M.Rilke 12 maggio 1926
Nel maggio del 1926 Rainer Maria Rilke si trova nella clinica svizzera di Val-Mont per curare un malessere ancora ritenuto lieve, di probabile origine nervosa (in realtà sono le avvisaglie di quella leucemia che lo condurrà alla morte il 29 dicembre dello stesso anno). Da tempo ormai, da quando ha terminato il decennale lavoro delle Elegie duinesi, la vita in lui si è fatta «stranamente pesante», il suo corpo, prima così servizievole, ora sembra rifiutarsi di assecondarlo; e su tutto la terribile sensazione di vuoto, di spaesamento, di chi si è ormai lasciato alle spalle il culmine della propria parabola umana e creativa.

Nel mezzo di una simile crisi, trova però il tempo, esaudendo una richiesta di Boris Pasternak, di scrivere a un’intima amica di quest’ultimo, la poetessa Marina Cvetaeva, per inviarle con dedica un proprio volume di liriche. La risposta di lei non si fa attendere: un’appassionata, debordante dichiarazione d’amore verso il poeta Rilke, anzi, verso un Rilke che è addirittura «l’incarnazione della poesia», nonché «quanto di più caro possieda al mondo » questa esule russa dall’esistenza difficile e tormentata. E al suo tono appassionato, come all’uso del «tu» con cui la Cvetaeva supera d’un balzo, sin dall’inizio, le convenzioni di uno scambio epistolare tra sconosciuti, lui si adegua immediatamente.

Comincia così tra i due il breve, folgorante carteggio ora pubblicato nella traduzione italiana di Ugo Persi (Lettere, SE, pp. 104, € 13); comincia, possiamo dire, una breve ma intensissima storia d’amore tra un uomo e una donna accomunati dalla più profonda diffidenza verso ciò che nell’amore è adempimento, legame, possesso. Entrambi, per tutta la vita, hanno sempre cercato tutt’altro: quello slancio dell’anima che è sinonimo, o traduzione, o alimento dello slancio poetico; quel «bacio assoluto» rispetto al quale ogni bacio concreto rappresenterebbe già una forma di degradazione.

@ Paola Capriolo, Corriere della sera link esterno



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