venerdì 1 maggio 2015

non ho mai avuto il coraggio di affrontarTi disarmata e vulnerabile

lettera di Jana Cerna all'amante - 2 / 3
Lettera d'amore
Praga, attorno al 1962.
[...]


Amore mio, non Ti arrabbiare se mi sono messa a scrivere così tanto; penso che è bene dire queste cose, anche se le capiresti ugualmente senza le parole, alla fin fine la lingua è un mezzo di comunicazione ed è a tal fine che è stata inventata. E queste cose vanno dette in fretta in modo che non ci inciampiamo e che non ci facciano perdere tempo.

Sto infinitamente bene, non prevedo minimamente quel che sarà. PerderTi non Ti posso perdere e Tu non puoi perdere me, per una cosa del genere non sono ormai sufficienti ne la realtà intorno a noi, ne quelli che la sbandierano, ormai siamo così avanti che questa sicurezza l'abbiamo acquisita.

Finalmente mi è venuta in mente la parola - scusa se salto così di palo in frasca - si tratta di ingenuità, per la prima volta nella vita ho un rapporto d'amore ingenuo. E ce l'ho con Te, amore mio, esulterei del fatto ad alta voce e con grandi grida se non fosse mezzanotte e mezza e se non avessi dei vicini che comprenderebbero a fatica, non avendo ne rapporti ingenui, ne Te. (Non ho colpa della loro povertà, a sarebbero magari dispiaciuti se gliela ricordassi).

Questo non significa che fino adesso mi sono dedicata a ordire oscure trame contro di Te, neanche un po’. Ma prima non ho mai avuto il coraggio di affrontarTi disarmata e vulnerabile, prima non ho mai avuto il coraggio di perdere completamente la mia padronanza, di perdere me stessa per avere Te. Questo prezzo mi sembrava troppo alto, troppo rischioso. Il fatto che ora ciò sia sparito non è dovuto a una fiducia che prima magari non avevo e che adesso ho improvvisamente acquisito; nei Tuoi confronti ho esattamente la stessa fiducia e la stessa sfiducia che avevo in qualunque altro momento, prima - non sono in alcun modo invulnerabile, anzi, sono più vulnerabile che mai e non sono neanche un caso clinico di masochismo, e il dolore che in questa situazione mi potresti causare non mi farebbe quindi particolarmente bene, anzi, al contrario, lo sopporterei molto a fatica. Non che io escluda tale possibilità - benché non la presupponga, è compresa tra le eventualità di cui occorre tener conto. Ma la situazione per me è tale che, se dovesse succedere qualcosa di doloroso e penoso, sono pronta ad accettarlo come tutto ciò che ha a che fare con questo rapporto, come una sua parte integrante che non desidero, ma non voglio sfuggire. Non sento il bisogno di cautelarmi in anticipo, e non per eccesso di forza, ma perché oggi il mio rapporto con Te è troppo completo per poterne ritagliare dei pezzi come da un gulasch - questo lo mangio e quello lo sputo via.

Troppo completo e quindi impossibile da non accettare con tutto ciò che comporta.

Dimmi, per favore, che razza di assurdità è il fatto che non sei qui? Che razza di cretinata è il fatto che in questo momento non Ti posso baciare, che non mi posso stendere accanto a Te, che non Ti posso carezzare, eccitare ed eccitarmi di Te, che non Ti posso eccitare con la bocca fino all'orgasmo e sentirTi nel ventre e poi ridere insieme a Te del fatto che la barba Ti puzza di fica a tal punto che il bigliettaio in tram avrà un'erezione quando Ti bucherà il biglietto, che non Ti posso dare da saccheggiare tutto il mio corpo perché Tu Te lo fotta completamente, e obbligarTi, con la lingua abilmente introdotta nel culo, a venirTene con il volto deturpato in una smorfia, che non Ti posso sentire dentro di me quasi immobile in una bruciante tenerezza d'amore tesa fino al sentimento, che non Ti posso schiacciare l'uccello tra le tette e pulirle poi orgogliosamente dallo sperma appiccicaticcio?

 Perché non c'è la Tua lingua nella mia fica quando tanto fortemente e con veemenza ce la voglio, perché non avverto il solletico doloroso dei Tuoi morsi sulla pianta dei piedi, perché non posso mostrarti il culo in modo che Tu lo sfondi, lo morda, lo picchi e lo cosparga di sperma, perché non posso poi stare distesa accanto a Te e parlare con Te di qualsiasi cosa con naturale confidenza uno accanto all'altra e nel frattempo farTi una sega giusto così, per eccesso di vitalità?

Perché non Ti posso stendere sulla pancia e fotterTi il culo con le mani, con la lingua, perché non posso giocare col Tuo buco, leccarne teneramente le pieghe e ficcarci dentro il dito, strusciarmi addosso le Tue due natiche così lentamente che Ti si rizza l'uccello e Ti si induriscono le palle? Perché poi non Ti posso stendere sulla schiena e mordicchiarTi i capezzoli, sleccazzarTi l'ombelico e prendere in bocca le due palle una per volta, fino a farti mugolare e scorreggiare per l'eccitazione?

Perché adesso, proprio adesso, in questo momento, non posso prendere il Tuo uccello e mettermelo sotto l'ascella, ciancicarlo con i capelli e tirarne la pelle, stuzzicarlo con i denti e lasciarlo poi di nuovo ammosciarsi, ficcarmelo in culo e poi tirarlo fuori e ficcarmelo nella fica e poi leccarne via i miei stessi umori?

Perché non posso spompinarTi e portare in bocca lo sperma alla Tua bocca perchè Tu lo inghiotta e Ti si blocchi un attimo in gola per via del suo sapore penetrante, che mi rimane sempre a lungo sulla lingua, sicché qualsiasi cosa mangio ha il sapore di un prodotto del Tuo uccello, e quando mangio pane e burro il sapore sembra quello di una scopata?

Perché non posso metterTi con le spalle a terra e ficcarTi i capezzoli in bocca perché Tu li ciucci con l'espressione di un lattante, a occhi chiusi? E perchè poi non posso inginocchiarmi sopra di Te e lasciarmi leccare e rovistare con le mani fino a che tutto il corpo ha una contrazione per lo spasmo e Ti piscio in bocca perché tutti i muscoli hanno ceduto?

Perché non sei qui per mettermi a pancia in giù e disegnarmi con le unghie sul culo decorazioni simili a quelle delle uova pasquali fino a farne zampillare piccole gocce di sangue?

Perché non sei qui, per rimanere poi disteso accanto a me ad accarezzarmi e dirmi: «sai, ragazza…» con l'espressione con la quale alle volte me lo dici, con quell'espressione e quel tono che so bene cosa vogliono dirmi, perchè non sei qui per carezzarmi i capelli, per grattarmi un po’ per scherzo dietro le orecchie.

 Perché non posso scopare con Te usando tutte le parole volgari e morbose che conosciamo, parole che ti riempiono la bocca, per poi prenderci con pudore e, quasi timidamente, e poi subito dopo cominciare a sghignazzare a tutto spiano fino a intruppare l’uno nell’altra tra risa convulse, con le pance e coi culi? Perche non siamo distesi su un fianco uno accanto all’altra e non ci lecchiamo a vicenda concentrati ognuno sul proprio orgasmo e sull’orgasmo dell’altro?

 Perché non sento il Tuo «aspetta» quando ho il Tuo uccello in bocca e perché non posso deridere questa taccagneria di sperma e di orgasmi e non appena schizzi dimostrarTi che è un risparmio più che insensato?

Perché non posso leccarTi tutto, stanco e quasi ormai impotente, leccarTi e arraparTi durante un bocchino lungo un’ora, infinito e spossante?

Perché non ti vedo la mattina scendere dal letto e perché non posso lasciarTi scendere illudendoti che mi sono riaddormentata, sorprenderti nudo mentre ti gratti il culo e tranquillo ti appresti a vestirTi, lasciare che Tu ti metta addosso qualche assurdità come le mutande e i calzini e poi saltarTi addosso, strapparteli di dosso e fotterti per terra con tale veemenza che Ti passa la voglia di bardarTi di nuovo. E poi eccitarti e poi fare finta che non ho più voglia di scopare, sollazzarTi l’uccello e spidocchiarti tra i coglioni, leccarti un po’ e guardare con distacco come Ti si rizza l’uccello, per un attimo farTi provare tutto, dall’arrapamento fino all’insistenza quasi da mendicante, tirarTi con la stessa espressione per la barba e per l’uccello e soffiarTi nei coglioni nel modo più arrapante di cui sono capace, fino a farTi incazzare al punto da sbattermi il culo e ficcarmi l’uccello dove capita, in bocca, tra le tette, al culo, nella fica e schizzarmi infine tutta da capo a piedi così che non mi resti altro da fare che andare di corsa a lavarmi?

Perché dopo, nuda, non faccio con Te, nudo, una colazione opulenta e nutriente sventolando le tette sopra il padellino con le uova, perché non ci consigliamo l’un l’altra su come migliorare ciò che cuciniamo insieme e non mangiamo comodamente sbracati uno accanto all’altra, non assaporiamo con gusto quanto abbiamo cucinato bene e non puliamo col pane la padella ognuno da una parte, perché non stiamo poi distesi vicini, sazi e soddisfatti fino a grugnire, non ci teniamo per mano e non chiacchieriamo, non scopiamo poi di nuovo, questa volta con normalità così assoluta che ci è quasi estranea, io di sotto con le gambe alzate e Tu sopra di me al ritmo regolare di una posizione angelica nella quale è possibile baciarsi e l’unica perversione è la perversione delle lingue che si toccano, uno scopare che dura a lungo, ma non è faticoso e nel quale c’è la vicinanza più palpabile e più grande, uno scopare il cui ritmo è a tratti interrotto dalla quiete affinché il culmine venga rimandato di un altro istante, e non si tratta di parsimonia e la cosa avviene con l’accordo naturale di entrambi, uno scopare nel quale ci tocchiamo coi corpi così a lungo fino ad appiccicarci e lo spazio tra noi due è così esiguo che non riusciamo neanche a infilarci una mano e a carezzarci, uno scopare nel quale si insinua un po’ di convulsione solo poco prima di giungere al vero e proprio culmine.

E perché poi non stiamo distesi vicini con gli occhi fissi al soffitto e quasi senza pensieri, oppure coi pensieri che se ne vanno da qualche parte lontano da qui, non perché non vogliamo pensare a noi, ma perché si confondono con la stanchezza del dormiveglia.

Perché non stiamo appunto così stesi vicini, questo vorrei proprio saperlo e se qualcuno me lo spiega allora mi fa un piacere, perché io per ora non riesco a spiegarmelo, visto che sono bagnata e arrapata e Ti voglio, ora subito e immediatamente e probabilmente non sono disponibile a nessun tipo di spiegazione. Appena mi muovo, qui si sente l’odore della mia fica lontano un miglio e dovrei ascoltare delle spiegazioni? Ci mancherebbe altro! Potrei menarmi la fica da sola, ma io non voglio menarmi la fica da sola, io voglio Te e le Tue dita e non le mie, voglio la Tua lingua e il Tuo uccello, e da quel desiderio le mie dita non riusciranno certo a liberarmi”

Jana Cerna - In culo oggi no, Ed e/o, Roma, 1992.
Jana Cerna (1928 – 1981) figlia di Milena, la donna amata da Kafka, è una poetessa


parte I    -   parte  II   -   parte III


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