domenica 19 aprile 2015

Piedra de sol


La tredicesima ritorna… È ancora la prima;
è sempre l’unica, o l’unico momento,
poiché sei regina, oh tu! La prima o l’ultima?
Sei forse re, tu l’unico o l’ultimo amante?...
Gérard de Nerval, «Arthémis»

Pietra di sole

Un salice di cristallo, un pioppo d’acqua,
un alto zampillìo che il vento arcua,
un albero ben piantato ma danzante,
un camminare di fiume che si curva,
avanza, retrocede, fa una svolta
e arriva sempre:
                             un camminare tranquillo
di stella o primavera senza fretta,
acqua che con le palpebre chiuse
sgorga tutta la notte profezie,
unanime presenza nell’ondeggiare,
onda dopo onda fino a ricoprire tutto,
verde sovranità senza tramonto
come il bagliore delle ali
quando si aprono in mezzo al cielo,

un camminare nel folto
dei giorni futuri e il  funesto
fulgore della sventura come un uccello
che pietrifica il bosco con il suo canto
e le felicità imminenti
fra i rami che svaniscono,
ore di luce che ormai gli uccelli becchettano,
presagi che sfuggono di mano,

una presenza come un canto improvviso,
come il vento che canta nell’incendio,
uno sguardo che tiene in bilico
il mondo con i suoi mari e i suoi monti,
corpo di luce filtrata da un’agata,
gambe di luce, ventre di luce, baie,
roccia solare, corpo color di nube,
color di giorno rapido che salta,
l’ora scintilla e ha corpo,
il mondo è ormai visibile attraverso il tuo corpo,
è trasparente attraverso la tua trasparenza,

vado fra gallerie di suoni,
scorro tra le presenze risonanti,
vado per le trasparenze come un cieco,
un riflesso mi cancella, nasco in un altro,
oh bosco di pilastri incantati,
sotto gli archi della luce penetro
i corridoi di un autunno diafano,

vado per il tuo corpo come per il mondo,
il tuo ventre è una piazza assolata,
i tuoi seni due chiese dove officia
il sangue i suoi misteri paralleli,
i miei sguardi ti coprono come edera,
sei una città che il mare assedia,
una muraglia che la luce divide
in due metà color pesca,
una landa di sale, rocce e uccelli
sotto la legge del mezzogiorno assorto,

vestita del colore dei miei desideri
 come il mio pensiero vai nuda,
vado per i tuoi occhi come per l’acqua,
le tigri bevono sonno in quegli occhi,
il colibrì si brucia in quelle fiamme,
vado per la tua fronte come per la luna,
come la nube per il tuo pensiero,
vado per il tuo ventre come per i tuoi sogni,

la tua gonna di mais ondeggia e canta,
la tua gonna di cristallo, la tua gonna d’acqua,
le tue labbra, i tuoi capelli, i tuoi sguardi,
tutta la notte piovi, tutto il giorno
apri il mio petto con le tue dita d’acqua,
chiudi i miei occhi con la tua bocca d’acqua,
sopra le mie ossa piovi, nel mio petto
affonda radici d’acqua un albero liquido,

vado per la tua figura come per un fiume,
vado per il tuo corpo come per un bosco,
come per un sentiero di montagna
che in un abisso improvviso si tronca
vado per i tuoi pensieri affilati
e uscendo dalla tua bianca fronte
la mia ombra precipita e si sfracela,
raccolgo i miei frammenti uno a uno
e proseguo senza corpo, cerco a tentoni,

[…]

Octavio Paz
(Traduzione di Ernesto Franco)

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