sabato 28 febbraio 2015

la ricerca incondizionata del piacere porta al disamore

Allora, una sessualità che cerca solo il piacere, inevitabilmente tende a disfare, a cambiare, perché ai corpi ci si abitua. Mentre la dimensione della phília personalizza l’eros, perché l’eros è un modo per accostare il mistero dell’altro, la sua insondabile infinità: mi interessa lei, mi interessa lui; ecco, la sessualità come ricerca di piacere non si coinvolge nella dimensione di assunzione dell’altro, anche se ci sono delle apparenze, nella dimensione stessa del piacere, che danno l’idea che dell’altro ci si interessi.

Infatti, nella dinamica del piacere, da questo punto di vista, per esempio, gli orientali sono scaltritissimi; nella dinamica del piacere, conoscere il piacere dell’altro, i luoghi del piacere dell’altro, è funzionale al proprio piacere. Per accrescere il mio piacere io devo scatenare il piacere dell’altro, quindi devo essere abile.

Quindi nella stessa dimensione erotica, cioè limitata al piacere, io non posso ignorare l’altro, devo essere attento a lui almeno per quel tanto da destare in lui un piacere che ricade su di me e quindi crea una circolarità intensiva.

La partecipazione dell’altro al mio piacere incrementa complessivamente il vortice del piacere.

Quindi, già c’è un modo di amare onanistico, in cui si ignora il piacere dell’altro, e allora è chiaro che chi dà piacere, normalmente in quel caso non traendone, vuole trarre solo guadagno, e quindi ci sono lusinghe di piacere da una parte o dall’altra, quindi c’è una asimmetria nell’intenzione; c’è chi cerca il piacere e c’è chi, ignorando perfettamente il piacere, cerca il guadagno. Ci sono asimmetrie di questo tipo.

Ma ci sono asimmetrie anche nella dimensione che ci può essere uno che capisce bene che per sviluppare piacere deve essere attento all’altro e ci può essere uno che si contenta.

Allora, già da questo punto di vista, l’attenzione all’altro ci vuole, però non è ancora l’altro come quella persona lì, come il termine di una phília. È l’altro nel senso che c’è lo spregiudicato uso dei reciproci corpi al fine del raggiungimento del piacere.

Questo, di per sé, non sarebbe negativo, perché la gioia dei sensi è un bene di per sé, non ha bisogno di essere giustificata.

Io sono contro quei tentativi che devono sempre un po’ spiritualizzare il sesso per valorizzarlo: no! Ciò che dà piacere è buono in sé, quindi non c’è bisogno di giustificarlo.

Il rischio è, però, che la reciproca strumentalità nella ricerca del piacere non consentirà mai l’incontro con l’alterità, e quindi l’esito è una grande aridità.

La ricerca incondizionata del piacere produce una filosofia del disamore, cioè si fa l’amore con un grandissimo cinismo.

[Salvatore Natoli]

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